I superbatteri sono tra noi, ma forse le cause sono da ricercare altrove o in un altro tempo.
Gli antibiotici per i trentenni/quarantenni in età adolescenziale erano quasi come le mele: uno al giorno! Solo che il medico non si levava di torno, anzi!
Molto probabilmente si ricorderanno di un sistema immunitario non così efficiente come avrebbero voluto, ma ripensandoci oggi, da grandi e con una cultura un po’ più evoluta, forse non era stata tutta colpa loro o del loro fisico.
Resistenza agli antibiotici
Negli ultimi anni se n’è parlato davvero tanto e anche oggi non si può proprio fare a meno di leggere di resistenza agli antibiotici.
Il giorno in cui è stata inventata la penicillina, il primo antibiotico, Alexander Fleming, l’inventore, non avrebbe mai immaginato che un giorno non così lontano si sarebbe dovuta trovare un’altra strada, una via alternativa per combattere quei batteri che, esattamente come le nostre conoscenze, si sono evoluti nel tempo.
Che si sarebbero evoluti sviluppando una resistenza alle nostre medicine tradizionali si sapeva già da molto tempo, ma si pensava molto più in là nel tempo: purtroppo la loro curva evolutiva ha subito una bella impennata verso l’alto.
Il dito io lo punterei contro quei medici (e quelle case farmaceutiche che probabilmente li spronavano in vari modi da dietro) che hanno portato a un vero e proprio abuso di antibiotici, anche in quei casi in cui non era decisamente necessario (qualcuno ha mai sentito dire che l’influenza è un virus e non un batterio?).
Ed eccoci qui oggi con il ritrovamento del primo superbatterio: o meglio il progenitore di quest’ultimo, non esattamente un supereroe, ma sostanzialmente un esserino che può infettare un corpo umano senza che le nostre conoscenze mediche possano battere ciglio.
Il primo caso negli USA
Succede nel 2016 il primo caso di donna americana con un’infezione urinaria resistente alla classe più alta di antibiotici a oggi conosciuta.
Il caso ha riscontrato così tanto scalpore che la notizia pubblicata sulla rivista “Antimicrobial Agents and Chemotherapy” è comparsa su tutti i quotidiani nazionali e internazionali, oltre a far lanciare l’allarme anche dai Centers for Disease Control and Prevention.
Negli Stati uniti ogni anno le resistenze agli antibiotici causa la bellezza di 2 milioni di malattie e di 23 mila decessi ogni anno, ma per gli scienziati questo è il primo caso USA in cui si riscontra in un batterio il gene Mcr-1, scoperto l’anno scorso in Cina e che “dona” resistenza a classi di antibiotici come la colistina, ultimo tentativo medico per combattere i “batteri da incubo”.
Il batterio prelevato da una donna di 49 anni della Pennsylvania fa parte di un ceppo di Escherichia Coli e preannuncia l’inevitabile comparsa dei superbatteri, resistenti nel vero senso della parola a qualsiasi farmaco e antibiotico.
In realtà il batterio trovato non è resistente a tutto, ma se dovesse mischiarsi con altri tipi di agenti patogeni già resistenti alle classiche cure si creerebbe un serio problema per la sanità mondiale.
Un evenienza non così remota a quanto sembra.
Come prevenire tutto questo?
Esatto la parola giusta è prevenzione!
Mettere tutto nelle mani della scienza e nella medicina sperando che in coppia trovino farmaci o un modo di combattere i nuovi superbatteri, non mi sembra una cosa molto sensata.
La ricerca andrà ancora avanti anche senza queste speranze, ma se proprio vogliamo essere utili alla causa le nostre carte migliori le possiamo giocare a livello della prevenzione.
Prima di tutto cercare di impedire agli antibiotici di diffondersi troppo velocemente lavorando sull’igiene e partendo semplicemente dal lavarsi le mani in modo efficace, ma anche limitando i contatti con altre persone malate, fino ad arrivare ad una delle pratiche più importanti e stupidamente (secondo me) messe in discussione oggi: la vaccinazione!
L’altro lato della medaglia deve avvenire su una corretta informazione, formazione e sensibilizzazione del personale medico e sanitario per evitare il continuo abuso di antibiotici.
Infine non possiamo non tirare dentro governo, policy maker, case farmaceutiche e ovviamente i pazienti.
Se tutto questo non bastasse, considerate poi la realtà italiana che ci vede, pensate un po’, indossare la maglia nera in questo ambito: l’Italia è il paese con la maggior percentuale di resistenze verso la quasi totalità di tipologie di antibiotico prese in considerazione.
Questo fatto dovrebbe mettere noi Italiani ancora più sull’attenti, cominciando a metterci ai ripari, cosa che molti ospedali stanno già facendo da qualche mese applicando diversi nuovi protocolli di igiene e sicurezza.
Gli antibiotici non curano l’influenza!
Su un campione di 10 mila persone sono emersi dei dati molto interessanti sul rapporto che le persone hanno con gli antibiotici:
- il 64% degli intervistati ha dichiarato come siano utili in caso di influenza, raffreddore o raffreddamenti in genere, mentre sappiamo bene vero che non servono contro i virus, ma contro le infezioni batteriche
- un buon 32% invece è convinto di poter sospendere la cura antibiotica appena i sintomi scompaiono, cosa molto sbagliata perché potrebbe lasciare in vita alcuni patogeni che oltre a essere un fattore di rischio per ricadute potrebbe sviluppare resistenze agli antibiotici
- bisogna considerare poi come il 44% sia convinto che questo fatto dei superbatteri e delle resistenze agli antibiotici riguardi solo chi assume antibiotici, mentre, in realtà è un problema che riguarda chiunque
- l’ultimo dato che riscontriamo da questa intervista è che il 76% sia convinto che questa forma di resistenza non riguardi i batteri, ma piuttosto il meccanismo per cui il corpo stesso diventa immune agli antibiotici (ragionamento che tengo a precisare è sbagliato)
Questi secondo me sono dei retaggi culturali molto pericolosi che portano sempre e soltanto verso un solo traguardo: nuove resistenze agli antibiotici e la conseguente mancanza di cure per i nostri “superamici” batteri.
Ultime considerazioni
Un altro lato negativo che in molti tendono a trascurare è che la velocità con cui i batteri riescono a selezionare ceppi resistenti è molto più alta rispetto alla velocità con cui la ricerca medica riesca a trovarne la soluzione attraverso farmaci e antibiotici classici.
Ma non disperiamo ancora, se abbiamo fatto passi da gigante anche con i nuovi vaccini per i tumori, cosa che sembrava impossibile fino a poco tempo fa, troveremo una soluzione anche per questo.
Sembra che oggi diversi studiosi si stiano muovendo in un senso molto preciso: sono allo studio soluzioni di farmacopea con molecole in grado di bersagliare i batteri sui loro meccanismi innati di riproduzioni, meccanismi adottati quindi anche dai cosiddetti superbatteri (una sorta di vaccino per intenderci).
Un’altra via che si sta percorrendo è quella che vede lo sfruttamento della forza del nostro avversario a nostro favore, mi spiego meglio: spesso ci dimentichiamo che abbiamo delle grandissime difese immunitarie composte anche da più di 100mila miliardi di batteri buoni.
Le nuove ricerche sul microbiota intestinale si stanno muovendo proprio nel tentativo di favorire questi nostri “amici” probiotici presenti nell’intestino, detti anche farmaci viventi: la scienza in soldoni sta reclutando dei superbatteri buoni per combattere i superbatteri cattivi.
Questa seconda via sembrerebbe un gioco strano della sorte, visto che uno degli effetti collaterali degli antibiotici (il cui abuso ha portato alla nascita dei super batteri) è proprio la distruzione della flora intestinale.
Teniamo poi presente sempre che uno sviluppo medico in questo senso potrebbe essere anche utile anche in molte altre malattie come allergie, diabete, obesità, autismo, malattie neurodegenerative e autoimmuni.