L’acido lattico è sempre associato all’affaticamento che compare durante un allenamento molto intenso o di durata abbastanza lunga da creare un suo accumulo nei muscoli e nel circolo sanguigno.
In palestra e nei centri sportivi è molto ben conosciuto e per lo più temuto dagli atleti: il suo accumulo infatti può interrompere un allenamento, rovinare una gara e diventare un fattore di rischio per infortuni.
Cos’è l’acido lattico
L’acido lattico è un prodotto del metabolismo anaerobico il cui accumulo porta alla comparsa della fatica muscolare.
In genere viene associato all’alto livello di allenamento, ma è bene sapere che l’acido lattico viene smaltito in ogni momento della giornata: anche in situazione di basso sforzo o addirittura di riposo i globuli rossi lo producono e quindi deve essere eliminato costantemente per evitarne l’accumulo.
Chimicamente parlando l’acido lattico è un acido carbossilico, contenente cioè un gruppo -COOH: questo gruppo carbossilico altro non è che l’ultimo accettore della catena di trasporto degli elettroni.
Come e perché si forma?
Per produrre energia il nostro corpo può utilizzare due vie, una aerobica (tipica delle fibre rosse lente) e una anaerobica (tipica delle fibre bianche veloci).
Nel secondo caso, in assenza di ossigeno, l’uomo è in grado di creare atp attraverso una via prediletta, la glicolisi anaerobica o fermentazioni lattica: dal glucosio si arriva al lattato (o acido lattico), passando per il piruvato, con la produzione di energia.
La funzione dell’acido lattico è fondamentale per smaltire le scorie prodotte (elettroni) ed evitare problemi dovuti ai radicali liberi.
Il rendimento di questo processo in termini di energia è molto basso (2 ATP) rispetto alla controparte aerobica (38 ATP) e proprio per questo possiamo proseguire l’allenamento per breve tempo in anaerobiosi.
L’acido lattico non viene buttato via, ma il nostro corpo può con il lavoro del fegato riconvertirlo in glucosio attraverso il ciclo di Cori.
Il cuore inoltre può metabolizzarlo direttamente come fonte di energia.
Quindi possiamo dire che la formazione di acido lattico è fondamentale per evitare la diffusione di radicali liberi durante un allenamento intenso, ma allo stesso tempo, nonostante sia tossico, può essere utilizzato a sua volta per la produzione di energia.
Dagli ultimi studi scientifici sembrerebbe che in realtà l’acido lattico contribuirebbe solo indirettamente all’aumento dell’acidità del sangue: il responsabile principale sarebbe in effetti lo ione idrogeno H+ che si libera in maniera maggiore all’aumentare del lavoro muscolare anaerobico.
Chi deve stare più attento?
Ragionando sul fatto che l’acido lattico può diventare un problema quando ci alleniamo in anaerobiosi, i casi in cui bisogna stare più attente ai livelli di lattato sono:
- qualunque attività fisica compiuta da persone poco allenate che quindi si stancano e vanno in affanno molto in fretta
- qualunque sport o parte di preparazione atletica inerente a velocità, rapidità, salti e scatti
- attività di sviluppo della forza e pesistica (dove tra l’altro l’acido lattico stimola anche la produzione di ormoni anabolici come gh e testosterone)
- tutti quegli sport anaerobici lattacidi dove lo sforzo dura tra i 30 e i 200 secondi
- anche nelle lunghe distanze come le maratone può insorgere il problema del’acido lattico se non ben preparati fisicamente e mentalmente
Partendo da uno sportivo mediamente allenato possiamo togliere dall’elenco le camminate veloci, jogging, yoga e ovviamente lo stretching.
Il suo accumulo nei muscoli e nel torrente ematico comincia quando la velocità di smaltimento viene superata da quella di sintesi dello stesso.
Questo limite viene in genere superato quando la frequenza cardiaca supera nei meno allenati l’80% di quella massimale, il 90% negli atleti.
Tutto sta nel controllare l’intensità di un esercizio calcolando la soglia anaerobica: un buon punto di partenza per tutti è l’affanno o il non riuscire più a parlare bene durante l’attività.
Ovviamente per un atleta più evoluto esistono molti altri mezzi più specifici per il calcolo della soglia anaerobica e per misurare la quantità di acido lattico prodotto durante un allenamento.
Il motivo che ha portato l’acido lattico ad essere tanto studiato quanto temuto, però sono sicuramente le problematiche che porta con sé il suo accumulo durante uno sforzo fisico prolungato.
Sintomi e dolori
Il sintomo principale che accompagna l’accumulo di acido lattico è sicuramente l’affaticamento muscolare: la problematica varia dal non riuscire a proseguire nella performance fisica ad un alto livello fino al doversi proprio fermare.
Se questo aspetto è molto importante in uno sportivo, lo è altrettanto se non più il fattore prevenzione in chiunque si cimenti in un’attività fisica.
Quando insorge la fatica infatti il muscolo si trova in una situazione dove fisiologicamente è più instabile, più vulnerabile a contratture muscolari o lesioni di altro tipo.
Risulta quindi fondamentale considerare anche questo aspetto, molte volte sottovalutato.
I sintomi legati all’acido lattico finiscono qui: infatti i livelli di lattemia, qualsiasi essi siano, tendono a tornare a livelli basali al massimo in un paio di ore (in soggetti allenati anche molto meno), dimezzando la sua quantità ogni 20-30 minuti.
Rimedi validi
Considerando quanto detto prima, lo scopo principale da perseguire è l’evitare l’eccessivo accumulo di lattato e quindi lavorare sulla sua tolleranza.
Eseguire frequentemente allenamenti mirati a saturare i muscoli di acido lattico li obbliga ad abituarsi a lavorare in un ambiente altamente acido, oltre a migliorare l’efficacia dei sistemi tampone del sangue come il bicarbonato.
Esistono comunque degli ottimi rimedi per tenere sotto controllo l’acido lattico:
- svolgere un efficace defaticamento tra i 15 e i 20 minuti
- inserire tra una ripetuta e l’altra il recupero attivo
- ridurre l’intensità durante le variazioni di ritmo fino a un livello defaticante
- seguire una dieta alcalinizzante
- integrare l’alimentazione col giusto apporto di magnesio
- assunzione di un integratore alimentare di bicarbonato (300mg per kg di peso corporeno) tra i 30 minuti e le due ore prima di una performance stando attenti agli eventuali effetti collaterali (dissenteria) e fattori di rischio come l’ipertensione arteriosa
- Carbonato di calcio (stando attenti all’eventuale stitichezza)
- Carnosina pre gara (un paio di ore prima) con dosi tra i 50 e i 1000mg al giorno.
Il fai da te è sempre caldamente sconsigliato e il consiglio è come sempre quello di informarvi riguardo il vostro caso specifico prima presso uno specialista del settore, onde evitare complicanze spiacevoli.
Per non fare confusione
I dolori che si avvertono nei giorni successivi all’allenamento non sono assolutamente e in alcun modo da attribuire ad un fantomatico lattato ancora in circolo, ma a una serie di microtraumi a livello muscolare, normali per una sessione allenante dove si voglia sviluppare massa muscolare.
Si parla in questi casi di effetto doms (Delayed Onset Muscle Soreness) o indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata, problematica che trovate approfondita bene in questo articolo: Dolori muscolari dopo l’allenamento (Doms): sintomi e rimedi efficaci.
Curiosità finale
L’acido lattico è molto studiato anche per la salute dei nostri denti.
Il lattobacillo è un batterio che si nutre del glucosio rimasto sui denti dai residui del pasto, producendo come prodotto di scarto acido lattico.
Questo è molto lesivo per lo smalto dentale in quanto con la sua acidità è in grado di scioglierlo e rovinare la dentina volta per volta.